Festival della Canzone Italiana o sessismo radicato?

Bentrovati e buona fortuna, perché come sarò pedante oggi capiterà di rado ma sono furiosa e voglio capire se sono l’unica ad esserlo. 

Non seguo particolarmente i programmi televisivi ma in questo periodo, tra lockdown e “zone arlecchino”, mi sono associata a quelle persone che non vedevano l’ora di seguire Sanremo. 

Già lo scorso anno ci sono state delle uscite particolarmente infelici con le conseguenti critiche da parte del pubblico e, quest’anno, non si sono di certo smentiti! E chi è dotato di almeno un briciolo di buon senso sarà certamente d’accordo con me.

Sanremo doveva essere quella distrazione dal mondo reale che ci circonda oggi: cupo, triste e pieno di negatività. E cosa si è rivelato essere invece

L’ennesima causa di rabbia e tristezza, perché sì, certe uscite le reputo, personalmente, estremamente tristi. Non saprei davvero che altro termine utilizzare per descriverle. 

Fonte Foto: Libero Quotidiano

La caduta di stile dei conduttori

Fiorello e Amadeus, che accoppiata e che brutta caduta la loro performance con la canzone “Siamo donne”. L’intento probabilmente era positivo ma il risultato è stato uno scivolone di cattivo gusto

Quello che voleva forse essere un omaggio ad un brano che in breve tempo, si può dire, è diventato un inno femminista si è trasformato in un teatrino criticato dalla stessa Jo Squillo che ha invitato persino ad affidare l’organizzazione del prossimo Festival ad un gruppo di sole donne

La replica della cantante è stata: 

…non penso assolutamente che ci sia stata derisione, è che a loro, inconsapevolmente, quella cultura, quell'attenzione al femminile, manca”.
Ha ribattuto così colei che nel 1991 cantava “Siamo donne, oltre le gambe c'è di più. Donne, donne, un universo immenso e più. Senza donne ma sai che noia qui in città. Donne, donne, la vita gira un po' di più”. 

E come darle torto? Quello che è ormai un inno alle donne è stato replicato da due uomini in parrucca con atteggiamenti ridicoli, facendolo passare solamente per una pagliacciata. In molti ci saremmo infuriati ben più di lei! 

Ma questa si è rivelata essere solamente una delle parentesi sessiste all’interno di questo Festival tanto atteso: avete seguito la “storia dei bouquet”? Ahimè, io sì.

Fiori o non fiori?

Fiori solo alle donne. Fiori a tutti. Si vabeh, anche agli uomini ma solo se cantano con delle donne eh

Ebbene sì: dal principio, i fiori di Sanremo venivano dati solo alle donne ma, quest’anno, dopo il gesto di alcune cantanti (Francesca Michielin, Victoria dei Maneskin e Arisa) che hanno donato i loro fiori agli uomini con cui si sono esibite, è stato ben pensato di alleggerire il peso delle critiche rivolte, soprattutto tramite i social al Festival, accusandolo di sessismo e, dunque, di offrire i fiori anche agli artisti uomini. 

Amadeus infatti ha esordito dicendo che i fiori sarebbero stati regalati sia alle donne che agli uomini, dichiarando: “Stasera daremo i bouquet di fiori anche agli uomini”. 

Ci si sarebbe dunque aspettati che ogni artista, che si fosse esibito sul palco, avrebbe ricevuto il tanto discusso bouquet, dico bene? 

E invece no! Come abbiamo potuto vedere, i fiori sono stati dati sì agli uomini, ma solo a quelli che si esibivano insieme a delle donne

Ora io mi chiedo: ma sarebbe questo il gesto su cui puntavate tanto per lanciare un messaggio di parità ed equità di genere? Perché se la risposta fosse sì allora sarebbe un serio problema. 

Ora, la differenza non è più tra uomini e donne, ma tra uomini che si presentano sul palco con o senza donne? E la parità, allora, qual è in questo caso? 

Ragazzi, qua c’è qualcosa che non va, ma proprio alle basi, radicato ben oltre al visibile

D’altra parte, basta aver ascoltato la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi sul palco per comprendere che sessismo e cultura del patriarcato sono ben più attecchiti rispetto a quanto si possa immaginare. 

Fonte Foto: Luxgallery

La differenza tra direttore e direttrice: la grammatica italiana

Tra i tanti volti sul palco dell’Ariston è spiccata la presenza della co-conduttrice Beatrice Venezi che ha esordito con la frase: "La posizione ha un nome preciso e, nel mio caso, è quello di direttore d'orchestra, non di direttrice”

La donna in questione ha un pensiero comune a molte altre donne, quello che i nomi dei lavori che svolgiamo debbano essere di genere maschile come sono stati fino ad oggi. 

Forse la mia sarà una voce fuori dal coro, ma io mi dissocio. C’era da aspettarselo, nulla di inaspettato. 

Non sono del parere che ci sia una professionalità legata al fatto che il mestiere abbia una denominazione di genere maschile piuttosto che femminile e non credo assolutamente che, declinandolo al femminile, possa perdere il suo significato o la sua importanza. Penso piuttosto che, fino ad oggi, si è detto direttore d’orchestra perché era un lavoro svolto da uomini, in passato, uomini e principalmente uomini, e che col passare degli anni e, l’arrivo delle donne in campo, non è stata modificata la denominazione del mestiere, lasciandolo legato ad una storia maschile e prettamente patriarcale

Trovo corretto che quindi, ad un certo punto, tutti questi lavori, che un tempo erano un tutt’uno con la parte maschile della popolazione, prendano la denominazione anche al femminile, in modo da poter utilizzare l’italiano nel modo più corretto, con generi femminili e maschili all’occasione e, per includere, le donne dove un tempo lo spazio per loro non esisteva. 

È fondamentale trovare una parità che accomuni i due generi più che mai, anche sul lavoro, attraverso i termini utilizzati per descriverli, in modo da ottenere un’uguaglianza tra le persone in ogni ambito, affinché, un giorno, la scollatura di una donna possa non essere più un tabù, alla pari di quella di un uomo

Fonte Foto: Il Fatto Quotidiano

Festival della musica o dell’abbigliamento?

Questa mania di fare le “pagelle look” del Festival, di dare una votazione in base a come gli artisti si sono presentati esteticamente e non professionalmente o artisticamente, a me non va proprio giù. Il problema è che non sono i soli spettatori da casa a farle ma persino giornali di una certa visibilità nazionale. Giornali estremamente importanti e letti da milioni di persone! 

Mi state chiedendo alcuni dei titoli? Ma sì dai, solo un paio:

  • Orietta Berti si esibisce e incanta l’Ariston. Ma i fan notano un dettaglio sexy: “Cosa ha messo?”; 
  • Elodie, incidente hot all’Ariston. Inciampa sulle scale e dallo spacco vertiginoso si intravede tutto
  • Un Sanremo “fuori di seno”: a Gaia il top bianco scende giù e i fan vanno in visibilio

La parità di genere sembra un miraggio in un Paese in cui, i discorsi intorno ad una manifestazione di questo tipo, si focalizzano sull’immagine delle artiste e non alle performance. 

Pare evidente che la mercificazione e la sessualizzazione del corpo delle donne, che sia per spettacolo o per altro, non ha fine. Basta fare una rapida ricerca sul web per rendersi conto del divario che esiste tra gli articoli riguardanti i cantanti uomini che hanno partecipato a Sanremo e le cantanti donne. Per quanto riguarda gli uomini si parla di talento, grandi qualità, bravura e tenacia. Per quanto riguarda le donne, invece, torna la solita antica retorica delle “belle ma stupide”. 

Tutto questo è estremamente denigrante per la figura della donna, misogino e altamente discriminatorio. Se queste donne sono arrivate ad esibirsi sul palco di Sanremo è per il loro talento e il loro lavoro, non per il loro corpo, che possa esso piacere o meno! 

Insomma, sarebbe più opportuno rinominare questo come il Festival del Sessismo più che quello della canzone italiana.

Ma d’altra parte, questo è solo il mio parere. 

 

Fiorella Valeria Polini

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